Una sorta di diario in dodici lettere per ricostruire, senza sconti, le forme e le ragioni del radicamento della ‘ndrangheta a Reggio Emilia. Un’appassionata orazione civile, per cercare di evitare gli errori del passato nel contrasto alla malavita organizzata. Cosa c'entra la mafia con i furti e le rapine? Siamo tanto storditi dai cambiamenti e dalla caduta di una politica fatta di popolo che abbiamo perso la memoria della nostra storia più recente. La rete criminale a Reggio Emilia, quella degli uomini che rubano, rapinano e aggrediscono è arrivata fino a noi dai tempi del primo mercato illegale dell'eroina. La malavita locale di ladruncoli e sfruttatori di prostitute è diventata un grande mondo sotterraneo con i mafiosi al centro, loro hanno sparato e ucciso, sono diventati ricchi e anche imprenditori, sono penetrati nel mercato dell'edilizia e dei trasporti, hanno attirato altri imprenditori con le fatture false, sono dentro al mondo degli affari. Hanno fatto scuola con la leva del guadagno facile mentre lo Stato è rimasto silenzioso fino a quando un gruppo di suoi dirigenti approdati in Emilia ed a Reggio ha sollevato il velo che copriva la criminalità organizzata, e così abbiamo scoperto che quella vive in mezzo a noi. Però nonostante i processi la gente non riesce a collegare la mafia alla criminalità comune che si avvale di ricettatori per la vendita della merce rubata, che offre ai narcotrafficanti internazionali una platea di consumatori disponibili. I partiti vivendo soprattutto di sfide elettorali intervengono poco e male nella vita quotidiana di molti cittadini che sono schiacciati dalle tante preoccupazioni, ci sono l’insicurezza economica e l'occupazione ballerina, il lavoro mal pagato, la sanità pubblica che arretra, le pensioni da anni in perenne tormento. Tutte le insicurezze, da quella per i furti a quelle economiche fiaccano il nostro morale, ma non dobbiamo arrenderci perché una vita migliore è possibile.