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Intervista a Patrizio Bianchi

Dai granducati all’Europa, una sfida per l’Emilia-Romagna

Patrizio Bianchi è attualmente Rettore dell’Università di Ferrara. Studioso di economia industriale ed autore di numerosi saggi e libri sull’argomento, ha insegnato presso gli atenei di Bologna e Udine. E’ stato inoltre presidente di Nomisma, membro del Cda dell’Iri e presidente di Sviluppo Italia. Vanta diverse esperienze e collaborazioni all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Spagna.


ERE - Cosa pensa dei caratteri attuali del modello emilianoromagnolo, a dieci anni di distanza da un saggio che ha dedicato a questo tema per la “Enciclopedia Einaudi”?

Bianchi - Il modello era in realtà più duttile e flessibile di quanto immaginassimo; l’autorappresentazione dell’Emilia-Romagna forse è stata costruita in maniera eccessiva attorno al tema del “modello”. La forte coesione sociale, la crescita di economie distrettuali basate su un fitto tessuto imprenditoriale, l’assenza di aziende leader in questi distretti, l’identificazione sia delle aziende col territorio che del territorio con le aziende sono stati elementi molto significativi, ma la situazione è sempre stata molto differenziata, ed ancora di più lo è negli ultimi anni. Il modello, in realtà, è servito all’Emilia per evolvere.

ERE - In che modo?

Bianchi - Il sistema nel suo complesso è migliorato, si pensi ai dati relativi al valore aggiunto per unità di prodotto, o all’aumentato interesse delle multinazionali per la nostra economia. La stessa crisi sta determinando molta cassa integrazione ordinaria, sul modello “accendo-spengo”, legata al calo congiunturale della domanda, ma non ristrutturazioni radicali.

ERE - Regge ancora il forte nesso fra sviluppo economico e coesione sociale, tipico della configurazione “storica” del modello emiliano?

Bianchi - Il modello è stato storicamente più forte al centro della Via Emilia ed è lì, ad esempio, che la presenza straniera è più consolidata (si pensi alla comunità indiana di S. Maria di Novellara), mentre ai margini di quel modello la presenza straniera è meno radicata. La flessibilità sociale ha favorito l’integrazione degli stranieri. Nei distretti, tuttavia, il rapporto tra economia e società non è solo quello che configurava Sebastiano Brusco; il modello funziona meglio quando l’economia è in crescita, ed è stato anche molto legato a precise scelte politiche; ne sono state date a volte letture meccanicistiche, che trascurano l’importanza di... [continua]

 



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